Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Il traguardo dell’uomo terreno

Ultimo Aggiornamento: 30/01/2012 20:04
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 143
Città: ASTI
Età: 58
Sesso: Maschile
30/01/2012 20:04

Il traguardo dell’uomo terreno

Scorrendo il testo del libro biblico “Qoelet”, Ecclesiaste, il re saggio Salomone rientra in un ottica che riguarda l’esistenza dell’uomo, la sua vita, le sue attività, e la sua stessa essenza.
Leggendo il libro, in alcuni punti è come se la presenza dell’uomo sulla terra fosse realmente caduca, priva di senso, come se l’unico scopo fosse quello di mangiare, bere e svolgere attività, ed infine, se riesce a raggiungere l’apogeo della vita, inevitabilmente arriva il momento della sua inesistenza, la morte. Certo la fragilità umana è presente, anche se si cerca a volte di celarla dietro paraventi visibili che appagano solo apparentemente. “Vanitas vanitatum”, è dunque, l’esistenza dell’essere? Approfondendo la lettura di Ecclesiaste, però, si nota ad un certo punto che, vi è un vuoto il quale viene colmato soltanto dall’avvicinarsi ad una entità superiore, Dio.
Salomone si rende conto di questo, e riflette sulle cose meravigliose che Egli ci ha donato. Ma, qual è la “meta” dell’uomo”, se di ‘meta’ si può parlare? La tomba del genere umano. Tutti, sin dall’antichità sono stati, e sono consapevoli che la dimora dell’uomo, oltre che la sua casa, è la tomba; ne erano a conoscenza poeti e pensatori; ma, Salomone, vedeva nella sua ottica solo questa fine? Il saggio re si chiedeva perché morire quando “Dio ha posto nel cuore dell’uomo il tempo in-definito” o “l’eternità”? Forse avrà pensato come il filosofo esistenzialista Sartre, “quanto più as-surda è la vita, tanto più è insopportabile è la morte”? O come Shekspeare, il quale nella sua opera “Macbeth”, scrisse:
“ La vita è solo un'ombra che cammina, un povero attorello sussiegoso che si dimena sopra un palcoscenico per il tempo assegnato alla sua parte, e poi di lui nessuno udrà più nulla: lì la morte è in-sopportabile”.
O, come il Leopardi, il quale si espresse sul pessimismo esistenziale, e che riprese in una sua poesia il passo salomonico, scrivendo le seguenti parole nel suo canto “A se stesso”:
«Al gener nostro il fato
non donò che il morire. Omai disprezza
te, la natura, il brutto
poter che, ascoso, a comun danno impera,
e l’infinita vanità del tutto».
O Epicuro, che per esorcizzare la paura della morte scrisse: “Quando ci sono io non c’è la morte. Quando c’è la morte non ci sono io”. No. Il saggio re non intendeva un approccio pessimistico dell’esistenza umana. A differenza del Leopardi, di Shakespeare, di Sartre e di Epicuro, egli inten-deva dire che la vita dell’uomo, senza il suo creatore, sarebbe stata vana!
Si rendeva conto che, nonostante la ricchezza, la gloria e la fama, Salomone senza il suo Dio non era che “un’ombra che cammina”. Questo concetto è espresso chiaramente nel suo epilogo, riportato nell’ultimo capitolo del libro da lui compilato. In quale luogo sarebbe approdata l’esistenza dell’uomo? Qual era, infine, “l’intero obbligo dell’uomo”? Salomone, infatti, terminò la sua pro-fonda riflessione dicendo: “La conclusione dell’argomento, avendo udito ogni cosa, è: Temi il [vero] Dio e osserva i suoi comandamenti. Poiché questo è l’intero [obbligo] dell’uomo. 14 Poiché il [vero] Dio stesso porterà in giudizio ogni sorta di opera in relazione a ogni cosa nascosta, in quanto a se è buona o cattiva”. Ecclesiaste 12:13, 14

Amministra Discussione: | Riapri | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 21:04. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com