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LA SPAVENTOSA INQUISIZIONE

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2012 18:38
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25/02/2012 18:38


ERA il XIII secolo. Si diceva che tutto il sud della Francia fosse infestato dagli eretici. Il vescovo locale non era riuscito a sradicare queste erbacce cresciute nella sua diocesi, un campo che si supponeva fosse esclusivamente cattolico. Fu ritenuta necessaria un’azione più drastica. Rappresentanti speciali del papa “in materia di eresia” intervennero. L’Inquisizione era cominciata.
Le origini dell’Inquisizione vanno collocate tra l’XI e il XII secolo quando cominciarono a formarsi nell’Europa cattolica vari gruppi dissidenti. Ma l’Inquisizione vera e propria fu inaugurata da papa Lucio III al Sinodo di Verona, in Italia, nel 1184. In collaborazione con l’imperatore del Sacro Romano Impero Federico I Barbarossa, decretò che qualsiasi persona si esprimesse o anche pensasse in modo contrario alla dottrina cattolica sarebbe stata scomunicata dalla Chiesa e debitamente punita dalle autorità secolari. I vescovi avevano ordine di cercare (latino, inquirere) gli eretici. Fu l’inizio di quella che venne chiamata Inquisizione episcopale, vale a dire posta sotto l’autorità dei vescovi cattolici.
Misure più severe
Agli occhi di Roma però i vescovi non erano abbastanza zelanti nello scoprire i dissidenti. Quindi successivamente diversi papi inviarono legati pontifici che, con l’aiuto di monaci cistercensi, furono autorizzati a effettuare le loro proprie “indagini” nell’ambito dell’eresia. Così, per qualche tempo, ci furono due Inquisizioni parallele, dette Inquisizione episcopale e Inquisizione dei legati, quest’ultima più severa della prima.
Per papa Innocenzo III non fu sufficiente neppure questa Inquisizione più rigorosa. Nel 1209 indisse una crociata contro gli eretici della Francia meridionale. Si trattava soprattutto dei catari, un gruppo che mischiava il manicheismo con lo gnosticismo cristiano apostata. Dato che i catari erano particolarmente numerosi nella città di Albi, divennero noti col nome di albigesi.
La “guerra santa” contro gli albigesi finì nel 1229, ma non tutti i dissidenti erano stati eliminati. Quello stesso anno, al Sinodo di Tolosa nella Francia meridionale, papa Gregorio IX diede nuovo impulso all’Inquisizione. Stabilì che in ogni parrocchia ci fossero degli inquisitori permanenti, incluso un sacerdote. Nel 1231 emise una legge in virtù della quale gli eretici impenitenti sarebbero stati condannati al rogo e i penitenti al carcere perpetuo.
Due anni dopo, nel 1233, Gregorio IX esonerò i vescovi dalla responsabilità di cercare gli eretici. Istituì l’Inquisizione monastica, così chiamata perché nominò dei monaci come inquisitori ufficiali. Erano designati soprattutto fra i rappresentanti del nuovo ordine dei domenicani, ma anche tra i francescani.
La procedura inquisitoriale
Gli inquisitori, frati domenicani o francescani, riunivano gli abitanti del posto nelle chiese. Erano convocati lì per confessare l’eresia se ne erano colpevoli o per denunciare gli eretici di loro conoscenza. Anche se sospettavano qualcuno di eresia dovevano denunciarlo.
Chiunque — uomo, donna, bambino o schiavo — poteva accusare qualcuno di eresia senza timore di essere messo a confronto con l’accusato o senza che quest’ultimo sapesse neppure chi l’aveva denunciato. Di rado c’era qualcuno per difendere l’accusato, dato che qualsiasi avvocato o testimone a suo favore sarebbe stato accusato di aiutare e spalleggiare un eretico. Perciò di solito l’accusato si trovava solo davanti agli inquisitori, che erano accusatori e giudici al tempo stesso.
Gli accusati ricevevano al massimo un mese per confessare. Che confessassero o no, l’“inchiesta” (latino, inquisitio) cominciava. Gli accusati erano tenuti in prigioni, in molti casi nelle segrete e con poco da mangiare. Quando la prigione del vescovo era piena, si usava la prigione civile. Quando questa era strapiena, venivano trasformati in prigioni vecchi edifici.
Dato che gli accusati erano ritenuti colpevoli anche prima che cominciasse il processo, gli inquisitori usavano quattro metodi per indurli a confessare l’eresia. Primo, la minaccia d’essere mandati al rogo. Secondo, la segregazione nei ceppi in una minuscola cella scura e umida. Terzo, le pressioni psicologiche esercitate da coloro che li visitavano in prigione. E in ultimo, la tortura inflitta, fra l’altro, con la ruota, la corda e il fuoco. I monaci erano presenti per prendere nota di eventuali confessioni. L’assoluzione era praticamente impossibile.
Le pene
Le condanne erano pronunciate la domenica, in chiesa o in una pubblica piazza, alla presenza del clero. Una condanna leggera poteva essere quella delle penitenze. Questo però includeva l’obbligo di portare una croce di feltro giallo cucita sugli abiti, il che rendeva praticamente impossibile trovare lavoro. La sentenza poteva anche prevedere la flagellazione pubblica, l’imprigionamento o la consegna al braccio secolare perché infliggesse la morte col fuoco.
Le pene più pesanti erano accompagnate dalla confisca dei beni del condannato, che venivano divisi fra la Chiesa e lo Stato. In tal modo i familiari superstiti dell’eretico subivano forti perdite. Le case degli eretici e di quelli che avevano dato loro asilo venivano demolite.
Inoltre ai defunti che erano denunciati per eresia veniva fatto un processo postumo. Se erano trovati colpevoli, i loro corpi venivano esumati e bruciati, e i loro beni confiscati. Anche questo causava indicibili sofferenze ai familiari superstiti innocenti.
Questa era la procedura generale seguita dall’Inquisizione medievale, con varianti secondo il tempo e il luogo.
Tortura approvata dal papa
Nel 1252 papa Innocenzo IV pubblicò la sua bolla Ad extirpanda con cui autorizzava ufficialmente l’uso della tortura nei tribunali ecclesiastici dell’Inquisizione. Ulteriori norme sul modo in cui doveva essere applicata la tortura furono emanate dai papi Alessandro IV, Urbano IV e Clemente IV.
Dapprima non era permesso agli inquisitori ecclesiastici essere presenti quando veniva inflitta la tortura, ma i papi Alessandro IV e Urbano IV tolsero questa restrizione. Ciò permetteva di continuare l’“interrogatorio” nella camera della tortura. Similmente, com’era stato autorizzato in origine, la tortura doveva essere inflitta solo una volta, ma gli inquisitori pontifici aggiravano l’ostacolo sostenendo che le torture successive erano semplicemente una “continuazione” della prima.
Ben presto anche i testimoni venivano torturati per essere certi che avessero denunciato tutti gli eretici di loro conoscenza. Talvolta la persona che si era dichiarata colpevole di eresia veniva torturata anche dopo avere confessato. Come spiega la Catholic Encyclopedia, lo scopo era “di costringerla a testimoniare contro gli amici e contro altri colpevoli”. — Volume VIII, pagina 32.
Sei secoli di terrore
Così nella prima metà del XIII secolo la macchina dell’Inquisizione fu messa in moto e fu usata per diversi secoli per annientare chiunque parlasse o anche solo pensasse in maniera diversa dalla Chiesa Cattolica. Seminò il terrore in tutta l’Europa cattolica. Verso la fine del XV secolo, quando l’Inquisizione cominciò a mitigare i suoi rigori in Francia e in altri paesi dell’Europa centrale e occidentale, divampò in Spagna.
L’Inquisizione spagnola, autorizzata da papa Sisto IV nel 1478, fu rivolta prima contro i marranos, o ebrei spagnoli, e poi contro i moriscos, o musulmani spagnoli. Molti, che avevano accettato la fede cattolica per timore, erano sospettati di continuare a praticare in segreto la religione di prima. In seguito, però, l’Inquisizione fu usata come un’arma spaventosa contro i protestanti e qualsiasi altro dissidente.
Dalla Spagna e dal Portogallo l’Inquisizione si estese alle colonie di queste due monarchie cattoliche nell’America Centrale e Meridionale e altrove. Finì solo quando Napoleone invase la Spagna al principio del XIX secolo. Fu temporaneamente ristabilita alla caduta di Napoleone ma fu infine soppressa nel 1834, solo un secolo e mezzo fa.
[Modificato da pino.12 25/02/2012 18:38]
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