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LA FIGLIA DI JEFTE IL GALADITA FU SACRIFICATA SULL’ALTARE DI GEOVA, IL DIO D’ISREAELE?

Ultimo Aggiornamento: 30/01/2012 20:07
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30/01/2012 20:07

LA FIGLIA DI JEFTE IL GALADITA FU SACRIFICATA SULL’ALTARE DI GEOVA, IL DIO D’ISREAELE?


Secondo alcuni, la lettura di Giudici 11:31-40, Jefte promette al Signore di offrirgli un “sacrifi-cio umano” in caso di vittoria e più precisamen-te, la prima persona che avrebbe incontrato rientrando a casa. «Jefte fece voto al Signore e disse: Se tu mi metti nelle mani gli Ammoniti, la persona che uscirà per prima dalle porte di casa mia per venirmi incontro, quando tornerò vittorioso dagli Ammoniti, sarà per il Signore e io l'offrirò in olocausto».
E’ vero che lettura sembrerebbe controversa, ma si può affermare che Jefte effettivamente fe-ce una dichiarazione azzardata, lasciando inten-dere al lettore l’idea di un olocausto, sacrificio umano?
Il commento di Dante. Dante colloca la figlia di Jefte e la figlia di Agamennone, Ifigenia, nel quinto canto vv. 64-71, del Paradiso, condan-nando coloro che fecero «voto a ciancia»: “Non prendan li mortali il voto a ciancia: siate fedeli, e a ciò far non bieci, come Iepte a la sua prima mancia; cui si conveniva dicer ‘Mal feci’, che, servando, far peggio; e così stolto rotrovar puoi il gran duca de’ greci, onde pianse Ifigènia il suo bel volto e fe’ pianger di sé i folli e i savi ch’udir parlar di così fatto colto”.
Se la scrittura venisse letta in maniera superfi-ciale, tou cour, si metterebbe in evidenza la sete di sangue di Geova, il Dio degli eserciti, nei confronti dei suoi servitori. La vicenda non è semplice, come viene interpretata, essa va vista, invece, alla luce di una serie di parametri che non devono essere trascurati, altrimenti mette-remmo sullo stesso piano il Vero Dio Geova con i falsi dèi dell’antica greca, Artemide o il Dio degli Amorrei, Moloc, che prevedevano nei loro riti sacrifici umani. Infatti come si legge nella leggenda di Ifigenia in Aulide, narrata da vari autori greci, in cui viene raccontata la vicenda di questa fanciulla, Ifigenia appunto, figlia di Agamennone e di Clitennestra che, per placare l’ira della dea perché i greci avevano ucciso uno degli animali selvatici da lei protetti, fu condotta sull’altare e sacrificata alla Dea.
Sarebbe successo anche per la figlia di Jefte il Galaadita?
Secondo un’altra versione riportata nelle trage-die del drammaturgo greco Euripide, Ifigenia non venne sacrificata: Artemide, per impedire che il suo altare venisse profanato da sangue umano, la sostituì con una cerva e portò Ifigenia in Tauride (l'odierna Crimea), dove divenne la principale sacerdotessa del suo tempio.
Il Dio degli Ebrei, Geova, aveva dato al popolo ebreo la Sua Legge, non solo i dieci comanda-menti, ma un insieme di regolamenti che am-montavano a circa 600. Uno di questi dichiara-va: “Non devi imparare a fare secondo le cose detestabili di quelle nazioni. Non si deve trovare in te alcuno che faccia passare suo figlio o sua figlia attraverso il fuoco . . . Poiché chiunque fa queste cose è detestabile a Geova, e a causa di queste cose detestabili Geova tuo Dio li caccia d’innanzi a te”.
Senz’altro Jefte conosceva la “Legge”, ma forse esagerò, in un momento di estrema impellenza, nel “fare voto a Dio di un sacrificio umano”, oppure aveva in mente qualche altra cosa? Come avveniva l’olocausto a Geova?
Quando Jefte aveva detto “deve anche avvenire che chi esce, chi mi esce incontro dalle porte della mia casa . . . ‘deve anche divenire di Geo-va’”, si riferiva ad una persona, non ad un ani-male, dal momento che gli animali usati per i sacrifici non venivano di norma tenuti in casa dagli israeliti, né erano liberi di scorrazzarvi. Inoltre l’offerta di un animale non sarebbe stata un segno di particolare devozione a Dio. La Legge prevedeva che la vittima fosse sgozzata, scuoiata e tagliata a pezzi, e bruciata sull’altare. (vedi Lev 1:3-9). Jefte avrebbe fatto una cosa orrenda come questa a sua figlia? L’avrebbe ac-cettata e permessa Geova? Non l’avrebbe am-messa, come non permise il sacrificio di Isacco, che Abraamo non si trattenne di fare, sempre per ordine di Dio e che Lui stesso impedì.
Iefte, inoltre, sapeva che poteva benissimo esse-re la figlia a venirgli incontro, mentre essa pianse non la propria morte, ma la propria “verginità”, poiché era desiderio di ogni uomo e donna israelita avere figli e tener vivi il nome e l’eredità della famiglia. (Gdc 11:37, 38) La ste-rilità era una disgrazia.
Alla luce del contesto e della Legge si può cor-rettamente dedurre che la figlia di Iefte non venne sacrificata in senso letterale, sull’altare, ma, come conclude il vs. 40, “le figlie d’Israele andavano di anno in anno a lodare la figlia di Iefte il galaadita” sul monte Silo. Esseri umani potevano venir dedicati all’esclusivo servizio di Geova in relazione al santuario. Questo era un diritto che i genitori potevano esercitare. Sa-muele fu infatti promesso prima della nascita al servizio del tabernacolo da un voto della madre Anna.
Questo voto ebbe l’approvazione di suo marito, Elcana.
Non appena Samuele fu svezzato, Anna lo “of-frì” al santuario.
Con lui, Anna portò un sacrificio animale.
Mentre la figlia di Iefte prestava servizio presso il santuario, senza dubbio come altri netinei (“dati”, dediti al servizio del santuario), c’era molto che poteva fare. Queste persone racco-glievano legna, attingevano acqua, eseguivano riparazioni e indubbiamente facevano molte al-tre cose come aiutanti dei sacerdoti e dei leviti.
— Gsè 9:21
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