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CONFUSIONE INFERNALE!

Ultimo Aggiornamento: 29/01/2012 16:20
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29/01/2012 16:20

Fiamme che scuotono le anime dei dannati, grida di dolore che fuoriescono dalle bolge dei dannati, Diavoli che inforcano le carni dei condannati! È una descrizione vivida dell’inferno, insegnata da varie religioni e dalla chiesa cattolica, anche se quest’ultima ha cambiato negli ultimi tempi, il senso teologico dell’inferno di fuoco.
Nel medio evo, la paura dell’inferno era una ossessione onnipresente. La superstizione all’epoca era così vivida che ogni attività umana era condizionata dalla presenza del diavolo e dalla paura dell’inferno.
Ma chi introdusse nel pensiero umano questa falsa mostruosità dottrinale? Cosa insegna la Bibbia?
La menzogna, secondo il dizionario Zanichelli è un’ “affermazione, dichiarazione coscientemente falsa”, fu introdotta per la prima volta nella storia dell’uomo, nel giardino di Eden da una creatura spirituale tortuosa e malefica il quale mise in dubbio l’onore di Dio Onnipotente, e fece credere a Eva che mangiando quel frutto, non sarebbe morta ma sarebbe diventata simile a Dio. (Genesi 3:1-5) Una bugia dopo l’altra, venne anche all’esistenza la falsa dottrina dell’inferno di fuoco e del tor-mento eterno. Sempre secondo il dizionario poc’anzi citato, l’inferno è un “luogo sotterraneo nel quale sono relegati gli spiriti dei morti e dimorano gli dei infernali”, e che nella religione cattolica è un “luogo di eterno dolore cui le anime dei peccatori non pentiti sono condannate, con privazione della visione beatifica di Dio”.
La parola “inferno” nel lessico citato è un luogo “posto sotto terra”, la parte inferiore del terreno. Tanto è che Dante Alighieri nella “Commedia” scende al di sotto della superficie e condotto da Vir-gilio, entra nelle parti inferiori della terra. Alle porte dell’inferno vi era una scritta che così recitava: «Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore, per me si va tra la perduta gente». Aveva ragione Satana di affermare che Eva non sarebbe morta ma sarebbe divenuta simile a Dio? Nella descrizione dei poemi, l’immortalità è scontata, essi sono divenuti popolari e hanno una valenza letteraria importantissima. I loro autori sono divenuti senza dubbio “immortali”. Chi non ha mai sentito parlare di Dante? Di Virgilio? Di Omero? Ma la verità sulla condizione dell’essere umano alla sua morte è tutt’altro che “tormentato”. Secondo la dottrina della chiesa cattolica, le ani-me dei morti che hanno peccato, sono in un inferno e subiscono i castighi del diavolo. Negli ultimi tempi, però, anche la chiesa si è dovuta adeguare, più che al suo fondamentalismo dottrinale, alle credenze dei fedeli, gettando “acqua” sul fuoco. Nel numero del 17 luglio 1999 La Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti, scriveva: “È fuorviante . . . pensare che Dio, per mezzo dei demoni, infligga ai dannati tormenti spaventosi, come quello del fuoco”. Diceva pure: “Esiste l’Inferno, che non è un ‘luogo’, ma uno ‘stato’, un ‘modo di essere’ della persona, in cui questa soffre la pena della pri-vazione di Dio”. Nello stesso anno Giovanni Paolo II ha detto: “L’inferno sta ad indicare più che un luogo, la situazione in cui viene a trovarsi chi liberamente e definitivamente si allontana da Dio, sorgente di vita e di gioia”. In quanto alle immagini dell’inferno come luogo infuocato, il papa ha affermato che “esse indicano la completa frustrazione e vacuità di una vita senza Dio”. (L’osservatore Romano, 29 luglio 1999) Se il papa avesse descritto l’inferno in termini di “fiamme e diavolo vestito di rosso e col forcone in mano”, dice lo storico della chiesa Martin Marty, “la gente non l’avrebbe preso seriamente”.
Credere in ciò che dichiara la Bibbia
Tutti i morti però, secondo la Bibbia sono inconsci. Si notino le parole descritte da Salomone, il grande Re saggio, come si espresse sotto ispirazione: “Tutto ciò che la tua mano trova da fare, fallo con la tua medesima potenza, poiché non c’è lavoro né disegno né conoscenza né sapienza nello Sceol, il luogo al quale vai” (Ecclesiaste 9:10). Il termine “inferno” è una traslitterazione della parola greca “ades” il quale equivalente ebraico è “sceol” menzionato nella scrittura di Ecclesiaste. La parola “ades” significa basilarmente “luogo non visto”. Ades non si riferisce a una singola tomba (gr. tàfos) e neanche a un singolo sepolcro o tomba commemorativa (gr. mnèma; mnemèion), ma alla comune tomba di tutto il genere umano, dove i morti e sepolti non si possono vedere. Quindi ha lo stesso significato del termine corrispondente “Sceol”. In questa “tomba del genere umano” si at-tende senza consapevolezza che Dio Onnipotente riporti in vita i morti mediante la resurrezione. (Giov 5:28)


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